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Terra

Il topolino solidale.

Cari soci,

si è conclusa da poco la conferenza WFTO e la FTW; sono state luci e ombre, specchio forse di un movimento che ha confermato la sua straordinaria capacità di mobilitarsi, ma che spesso esprime perimetri di osservazione piuttosto ristretti e un’evidente tendenza all’auto-centratura, alle politiche di brand, al new and fashion ed addomesticati concept unitari di fair trade.

Per chi ci dava – nel movimento – in difficoltà dovrà aspettare, perché sembra che questo pensare insieme, questa ostinata idea plurale di commercio equo e solidale resista, e si prepara alla XXI fiera nazionale con l’umiltà di rappresentare il più scalcinato ed autentico commercio equo e solidale nazionale. Nulla di sensazionale, solo un NOI che rifiuta il rapporto e lo stile da grande distribuzione, solo un NOI che prende su di sé da anni il solidale italiano dei territori, senza set, ceste e accordi promozionali, solo un NOI che ha investito nei progetti di artigianato (nostrano ed internazionale) più che sulla catena del food equo e solidale, emblema ormai – viste le percentuali irrisorie di composizione del prodotto – di un compromesso culturale e commerciale che dovremo un giorno, tutti, rivedere.

Da tempo sappiamo che il nostro futuro di botteghe deve andare oltre la tavoletta di cioccolato a scaffale e che si può fare a meno del “nuovo” domestic fair trade solo come ricetta anticrisi per le botteghe. Ragioniamo invece su come stare dentro l’economia solidale, richiamando accanto a noi quei valori fondanti proprie delle botteghe del mondo : responsabilità e impegno verso le povertà dei nostri territori significa, prima di tutto, entrare in relazione con gli altri protagonisti di economie solidali locali – solo oggi sdoganate dopo anni di anticamera e di collocazione morale al “ nord del mondo” – e che rischiano di diventare l’ennesima colonia commerciale per i più aggressivi di noi.

Ora che il “locale” è diventato strategico anche per le politiche commerciali delle centrali eque , il solidale italiano non potrà che partorire un topolino, se non saremo capaci di farci carico delle relazioni e dell’ascolto vero nei luoghi: meno gourmet – ancorché solidali – e pacchi simbolo, ma maggiori risposte dirette a chi bussa alla nostra porta: questa è la sfida da vincere per aderire ad uno scambio equo , un sogno comune, una lotta.

Poesia e pratica perché è così ogni nostro quotidiano giorno di bottega e perché è così che potremo ripensare il commercio equo che si fonderà con le reti. La nostra anima deve stare per terra e dentro ai territori anche senza il richiamo del branco che congela ogni nostra singola storia, esperienza, emozione e che ci impedisce, forse, di guardarci fino in fondo.

Siamo infine lo specchio di una realtà, fatta di tante povertà “a matrioska”: prendersi cura anche di quelle accanto a noi e che hanno il volto dei presidenti di associazioni e cooperative del nostro territorio, degli agricoltori bio della porta accanto, dei nuovi e precarizzati lavoratori dalle economie di sussidiarietà, è molto più che aprire a nuove direzioni commerciali è liberare uno spazio e riempirlo di significati , di solidarietà.

Il nostro invito , cari soci, botteghe e amici è quello di continuare a sperimentare l’arte della relazione , e quello di immaginare insieme un metodo che sappia comprendere e ascoltare il carico di presenza e di futuro che le RES ci chiedono da tempo : non sarà l’occasione per comporre una nuova tipologia di spesa all’equo e solidale e nemmeno quella di schiacciare l’occhiolino per vendere qualche cosa di più sul locale, semmai sarà la capacità di togliere un prodotto e aggiungere un senso, una persona, una storia al nostro progetto di futuro.

Per Assobotteghe

Il Presidente

Massimo Renno

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