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Terra

Una trivella sul futuro

#CITRIVELLANOILFUTURO e la vista corta, non oltre le 12 miglia

Ci voleva proprio un referendum per trivellare il clima di stagnazione politica che avvolge, nella nostra penisola, la classe politica italiana, le sue lobby anti ambientaliste, le sue cospirazioni contro-referendarie ed i selfie in felpa dell’ immancabile Hulk verdepadano o i tweet in giacca del nostro premier.
Siamo un paese fantastico con vista miope oltre le 12 miglia perché in tutti i casi, dal largo, le prepotenti architetture post industriali e i loro campanili ferrosi ci accompagneranno ancora per un po’, in attesa che si colmi il vuoto delle ambigue politiche energetiche mondiali che scaricano , oggi, sul mare e sulla terra emissioni di gas serra e una tra le peggiori economie mondiali, quella nera.

Ci trivellano il futuro non il mare, ci trivellano un pezzettino alla volta la democrazia, il lavoro, il rispetto per la natura , ci trivellano la voglia di cambiamento.

In gioco, come sempre, c’è qualche cosa di più che lo 0,95% del fabbisogno nazionale di petrolio e il 3% di quello del gas: si chiama modello di sviluppo, idea di futuro, transizione verso rivoluzioni energetiche che evitano di barattare “gli effetti collaterali” quali ad esempio l’idrogeno solforato, benzene e idrocarburi policiclici aromatici nell’aria con finte royalties di compensazione economica per il territorio e le comunità.

E’ un bel buco nell’ acqua e non sul petrolio questa scelta di inquinare con attività estrattive poco significative sia in termini di lavoro che di indotto i nostri territori: ne è l’esempio per tutti la Basilicata, sulla quale si stanno accanendo le peggiori politiche ambientali e di conseguenza, con il ricatto del lavoro e dello sviluppo che non c’è, ne fanno le spese la popolazione residente e l’ambiente.

Se nasci nella zona della Val d’Agri corri il rischio di avere un po’ più frequentemente che nel resto d ’Italia “ eventi sentinella cardiorespiratori urgenti “ e ospedalizzazioni legati a fenomeni quali asma acuta o ischemia cardiache , il 2,5 % in più sulla media nazionale .

L’esposizione alla corrosione del corpo della gente, della terra, del mare ai ricavi delle multinazionali non è solo un delitto ambientale e una questione di trivelle & tumori , ma riguarda una visione di ciò che vorremo diventare, di quel che è necessario cambiare nei numeri e nelle ragioni.

Italia nostra sostiene che a fronte di utili da attività estrattiva pari a 7 miliardi nel 2014 sono solo 402 i milioni di euro di royalties pagate dai petrolieri, le più basse d’Europa.

Le botteghe del mondo hanno un compito nel mondo e nei propri territori: ritrovare antidoti morali e il coraggio di disintossicare le soglie mentali da quel colonialismo economico che tenta di addestrare i nostri comportamenti; il commercio equo e solidale può dimostrare che si possono risolvere infiniti problemi anche con nostrana sana angoscia ideologica e valoriale piuttosto che con il pragmatico piglio scientifico di chi voleva fare della Basilicata il nostro Texas nazionale.
Ora chi vive in quelle terre (Pil più basso d’Italia -6,1% ) può contare su 143 residenti impiegati nel settore dei petroli contro i 576mila abitanti. E’ proprio un business ma solo per loro : l’oro nero a prezzo di oro bianco, l’acqua, che scorre a rischio di un inquinamento senza precedenti.

Non ti diremo per chi votare ma sono parecchie le generazioni da mandare ancora al mare e a scuola di ambiente e di comunità, non sarà solo un referendum dai placidi risvolti ambientali a fine mandato e concessione governativa, ma la conferma che sì, un pezzo di Italia (10 Regioni e centinaia di associazioni ed istituzioni locali ) non si rassegnano a girare la testa a non usarla.

La rivoluzione ambientale ha bisogno di un segnale, di una fuoriuscita di senso e di diritti per la gente e il suo mare, la terra e il nostro futuro: il commercio equo ha già scelto da che parte stare per non far diventare un fossile la nostra coscienza ambientale.

Massimo Renno, Associazione Botteghe del Mondo

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